Pagina Precedente Un pizzico di ricordi Pagina Successiva

Anche se alla primavera mancavano solo pochi giorni, per me non soltanto era già primavera, ma soprattutto era il giorno più bello della mia vita: uscendo dalla casa paterna in Castelleone di Suasa, stavo per sposare la signorina Nazzarena Conti. Dalla soglia della sua casa la mia sposa, vestita con l'abito bianco,sembrava un angelo sceso dal cielo. Sul suo dolce sorriso scendeva una lacrima: lasciava la sua mamma e il suo paese per andare ad abitare nella bella cittadina di Mondavio.

Con sottofondo una dolce musica, siamo giunti davanti all'altare. Dopo il sì e lo scambio delle fedi, il parroco ci fece un bel discorso: il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci... dopo aver mangiato "Gesù disse: Raccogliete gli avanzi. ché nulla vada sprecato; e si riempirono dodici ceste".

Tornati dal viaggio di nozze, già a Mondavio, la sera del 19 marzo, San Giuseppe, festa di precetto, siamo andati con la famiglia del carissimo Luigi Cenci, conosciuto come Il Guardafili. ad una recita al teatri no dei preti, piccolo e accogliente teatro contiguo alla casa parrocchiale. Tra i tanti recitanti del posto Goffiedo Beccucci cantò con voce intonata e avvincente "Son tornate a fiorire le rose".

Io avevo aperto la bottega da sarto da otto mesi nel signorile palazzo della signora Maria Giorni, vicino al castello ed alla torre medioevale, proprio al centro del paese. La casa affittata per noi sposi era invece posta in fondo al corso ed era proprietà della gentile signora Nina Saini, una famiglia esemplare come tutte le altre: il bravo dottore Aldo Ricci, Cesare Fiorini, Nino Rossi, Giacomo Andreoli, i giovani Nino Mascherucci e i cugini Ico e Silvio Giorgi.

Ricordo che all'angolo della piazza vi era la Posta, gestita dai coniugi Peroni e dal figlio Corrado, di fronte si trovava la farmacia e lì vicino era situato l'ufficio del dazio. Lungo il corso vi era il Cral, con a capo il simpatico Pietro Ragnetti, e poco più giù la caserma dei carabinieri e la casa del dottor Ricci. In mezzo alla piazza una fontana, con il suo gorgogliante getto d'acqua, dava il benvenuto a chi veniva a vedere le bellezze di Mondavio.

Che dire dello scopino Gaetano Allegrezza, con la sua carriola sgangherata e la sua adorata Clementina, che gridava "Poca mondczza, poco mangiare!" Dopo un anno avevo trasferito il laboratorio al piano terra della mia casa; a fianco a me vi era la bottega del caro Pietro

Ventura, falegname, precocemente scomparso. Chi non ricorda la cara Barberina, aiuto in ospedale con il dottor Aldo Ricci? Che dire poi del Casermone, la grande casa posta vicino all'ospedale che ospitava diversi mondaviesi? Li ricordo tutti, uno per uno, ma per tutti faccio un solo nome: Giuseppe Marcantognini, mio grande amico e amico di tutti. Ricordo anche la famiglia di Vittorio Ricci e l'ampio giardino pensile divenuto l'orto di Gambalessa. Ci vorrebbe un romanzo per menzionare tutti, quante brave famiglie che ho conosciuto.

Sempre dalla casa del corso vedevo un'elegante vecchietta vestita con abiti d'epoca, lunghi fino ai piedi, che indossava lunghe collane ed in estate esibiva un bellissimo ventaglio: si chiamava Edvige, era la zia del dottor Ricci.

Nel 1941 mi sono tasferito al borgo. Afianco abitava l’indimenticabile Ettore Pierìni con sua moglie Anita, poi "mammà" Costanza Casini con i figli Linduccia e Giovanni, Guglielmo e Geltrude Fiorelli, la simpatica Maria Gasperini e la cara Giulietta Casini, entrambe mie affezionate lavoranti. Di fronte alla mia abitazione vi erano la sacra edicola di Sant’Annunziata e la casa di Assunta Mencarelli, che ha dato alla Chiesa un figlio, padre Giulio; così anche la famiglia carissima di Arturo e Ersilia Ghetti il cui figlio affezionato nostro amico, ha preso i voti nell’ordine francescano.

Che dire poi di Adolfo Giacomelli, stimata guardia comunale, e di sua moglie Silvia con i loro quattro figli? Com'era affettuoso il suo rimprovero quando mi sollecitava a partecipare alle riunioni della Giunta Comunale: “Ma, Edoardo. sei sempre l’ultimo!”

Un anno dopo la fine della guerra ho deciso di celebrare con solennità la festa della Santa Annunziata, di far restaurare la cappellina del borgo e di sostituire l'abito della Madonna, ormai stinto e consumato. Con l'aiuto dell'amico Oddo e di sua sorella Quinta, di Rosa d’lsidoro e di altri volonterosi, abbiamo fatto una grande festa per tre sere, con la recita del santo rosario e la benedizione e, alla domenica, con la solenne Santa Messa, seguita, nel pomeriggio. da una grande festa con musica, giochi e rinfresco per tutti. Il caro Don Alberto mi disse: "Passeranno secoli, ma feste così non se ne faranno più!", e da quella data sono infatti passati più di 60 anni! A don Alberto va un pensiero speciale, così come ai suoi genitori Battista e Vincenza.

Che dire infine della campagna e della sua gente semplice e lavoratrice? Qualche nome di Val di Veltrica: Natale Prussiani, l'amico Pietro Campomagi, Michele e Paolo Cesaroni, Vincenzo e Rosa Governatori. E di Santa Maria della Quercia: Amato Del Conte, Adrasto Barattini, Dario e Rosa, genitori del caro Don Giuseppe Pierini.

Anche per Sant'lsidoro Agricoltore, con altre famiglie si partecipava sempre a queste feste della contrada. Su quella via il mio pensiero va alla famiglia Nasoni, al caro Checco che, valoroso partigiano, fu ucciso barbaramente dal piombo tedesco.

Chiedo scusa, cari mondaviesi, se non ho fatto altri nomi che tuttavia tengo chiusi nel mio cuore, vivi nel ricordo, così come tengo vivo il ricordo di mio figlio Vladimiro e della sua buona mamma volati in cielo per aspettarmi; e in questa dolce attesa, ti saluto affettuosamente, indimenticabile e carissima Mondavio!.

 Edoardo Persi