Se
n’è andato in solitudine da questo mondo, che sentiva estraneo, a soli 46
anni, il 20 gennaio del 2006. Amava la vita, la luce e i colori, ma visse
quasi sempre nel buio di una tristezza, che accelerò la sua fine. Nonostante
le difficoltà a impegnarsi e a focalizzare l’attenzione, si laureò in
filosofia con il miraggio di basare su quel traguardo il suo riscatto dal
fallimento di vivere. La sua cultura era alimentata da letture di ogni
genere: tra i suoi numerosissimi libri ho notato con stupore anche libri di
mistica religiosa, come
l’Imitazione di Cristo
di ignoto autore medievale.
Con giovani di un gruppo
amico partecipò a cerimonie religiose particolari come la preghiera dei
Vespri, sempre nel tentativo di uscire dalla prigione della solitudine; si
sentiva un recluso anche fra la moltitudine, e alla fine sempre più solo nel
senso più crudo della parola. Solitudine abitata però spesso dalla tetra
compagnia delle ombre (spiriti del male e uomini malvagi), che lo
opprimevano e atterrivano. Cercò in una religiosità tutta interiore una via
di scampo difficile da imboccare.
La vita gli aveva dato
gioventù, intelligenza, fantasia, sensibilità e la promessa di un futuro, ma
gli negò il sorriso e la consapevolezza dei suoi talenti. La tristezza e la
paura lo avvolsero come nubi nere foriere di tempeste, che egli cercò di
squarciare con la poesia, sua unica ricchezza. Franco fu un vero poeta,
cantore di una triste vita di solitario, talvolta di disperato, che però
sempre aspira al riscatto e alla luce.
Nella poesia
“ La
breccia della penitenza “
egli si vede insieme a uomini che pregano genuflessi e implorano il perdono
di Dio e si sorprende anche lui prostrato in preghiera, ma alla fine si
ritrova solo. Il tema della solitudine qui appena accennato è ripreso
nell’altra poesia intitolata
“
Solitudine “. E’
una solitudine buia e pesante, che gli fa paura e gli mozza il respiro,
tanto da fargli esclamare alla fine
“Prego che l’uomo non sia mai solo “ |
La breccia della penitenza
Guardando a lungo il
mondo
vidi uomini
genuflessi davanti
a Dio,
che imploravano il
perdono per le loro
innumerevoli vite.
Mi scostai un istante
dal loro saluto
e vidi nelle nubi
la forza del divino,
la potenza degli astri
Anch’io m’inginocchiai
e pregai
digiunando
sotto il tetto delle
rondini.
Poi il sole se ne andò
E fui costretto a
ripararmi.
Molti erano gli uomini
che rimasero sotto la
pioggia
a gridare in faccia a
Dio
il perdono e la grazia
per le loro azioni
malvagie.
Fui sorpreso
vedendo me stesso
prostrato e concentrato
a lungo in quella
posizione.
Sole e nubi si
avvicendarono,
ma io rimasi solo
a guardare questa
breccia
intarsiata di penitenza. |
SOLITUDINE
In questa solitudine
così triste,
così pesante
cerco di indagare una
fonte di
possibile vita.
Tutto si contraddice,
sono solo,
solo e pesante
con un groppo in fondo
al cuore.
Questa solitudine,
silenziosa,
paurosa, alle volte
desiderosa di non
rimanere più sola.
Tutto se ne va in questa
solitudine,
il corpo permane, ma il
denso confuso
senso di libertà
è compromesso da questa
sincopata
solitudine riflessa.
Prego che l’uomo non sia
mai solo.
Franco Ricci |